Biografia

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Ripartenza: dal dorso digitale ai frattali

1989: esce sul mercato il primo dorso digitale ad alta definizione e Di Bello è tra i primi ad acquistarlo. Si tratta di un dorso-scanner da inserire nel banco ottico al posto dello chassis porta pellicole e, collegato al computer con un cavo, registra linea per linea, molto lentamente, il soggetto. L’artista, inoltre, osservando il lavoro dei fotolitisti carpisce i segreti della tecnica di stampa, sviluppando un’abilità nella post-produzione e nell’uso del colore che gli permette oggi di creare opere d’arte con i moderni mezzi tecnologici e digitali, seguendo il processo creativo in ogni suo passo.

Frattali: oltre al digitale, questa è l’altra scoperta fondamentale per tutta la nuova produzione. Quella frattale è una geometria non euclidea che permette di spiegare forme troppo complesse e circonvolute per poter esser descritte attraverso “normali” formule matematiche e che, attraverso appositi programmi di computer grafica, dà origine ad immagini sorprendenti che, più che entità matematico-geometriche, sembrano vere e proprie opere d’arte.  Bruno Di Bello attinge a questo repertorio figurativo per la produzione delle sue nuove tele create interamente al computer. Servendosi di appositi software che elaborano graficamente formule matematiche complesse, egli interviene, modificandone le incognite, per ottenere forme sempre nuove che esplora attraverso ingrandimenti successivi e facendole ricalcolare di volta in volta dal programma, per poi selezionare le immagini che maggiormente colpiscono il suo sguardo. Queste forme, in un secondo momento, vengono colorate, composte, scomposte e modificate con vari programmi d’elaborazione digitale dell’immagine ed infine stampate con getto d’inchiostro su carta, incollata poi su supporto di forex.

Dal Partenone alla Minimal Art, sono duemilacinquecento anni che l’architettura e l’arte impostano i loro canoni sulle geometrie pitagorica, euclidea, non-euclidea: cerchio, quadrato sezione aurea... Alla fine del secolo scorso, con l’avvento del calcolatore è stato possibile visualizzare nuove geometrie derivate da nuove teorie matematiche. Ho provato a sperimentare materialmente, armato cioè di un “personal ben temperato”, queste geometrie.  Al mio sguardo si è presentato un universo di forme che, mi sembra, costituiscano oggi il miglior mezzo per realizzare immagini astratte che abbiano però radici nei processi naturali di crescita della forma, e che possano alludere al nuovo paesaggio rivelato dalla tecnologia: dall’infinitamente piccolo delle cellule, alla frastagliatura delle coste, all’infinitamente grande della forma, o non-forma, delle galassie…

[B. Di Bello, 2003]

La pratica della fotografia digitale è stata inoltre spunto per una riflessione e una riconsiderazione della storia delle avanguardie del secolo passato in un’ottica del tutto nuova.

Ho cominciato a pensare alla tradizione dell’avanguardia storica come un progressivo rapportarsi dell’arte alla tecnologia e alla scienza. A partire da Seurat, che dipingeva costruendo l’immagine metodicamente, a piccole pennellate di colore puro, adottando le teorie del colore degli scienziati del suo tempo e realizzando quella che a me è parsa la prima profezia dell’immagine digitale, di sintesi. Ma questa linea di ricerca, questa metodica possiamo ritrovarla ancora in tutto il percorso delle avanguardie del Novecento. La ritroviamo nei quadri dei cubisti che, mentre cercano la compenetrazione dei vari punti di vista di un oggetto, amano campire le varie sfaccettature della loro figurazione con piccole, rapide pennellate regolari che fanno vibrare la sottostante geometria in un continuo sfarfallio. Ma anche i futuristi, che più lucidamente utilizzano pennellatine regolari di colore puro per accentuare il dinamismo luminoso della loro pittura. Anche Kandinskij, e soprattutto Klee, hanno fatto ricorso alla tecnica del pointillisme in tante loro memorabili opere. E questa linea, questa necessità, continua ancora nell’arte del dopoguerra, con altre declinazioni, nel lavoro di Pietro Dorazio, nell’Arte Optical, nell’uso del retino tipografico ingrandito dei pop artisti, fino alle opere di Francois Morellet e Sol Le Witt. Mi chiedevo quindi se la costruzione digitale dell’immagine fotografica o non fotografica non potesse essere la logica continuazione di questa tensione profetica delle avanguardie del Novecento.

[B. Di Bello, 2004]

Le immagini composte con la nuova tecnica sono vere e proprie forme sintetiche che permettono all’artista di giungere a quella massima astrazione che solo il computer e l’uso dei frattali possono permettere, procedendo quindi in continuità con lo spirito dell’avanguardia.

Bruno di Bello, Ph. Dick Wolters